Capsulite adesiva e spalla rigida
- fisioterapistaserr
- 7 mag
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 10 mag

In questo articolo parliamo di spalla rigida e capsulite adesiva idiopatica.
In seguito a un evento traumatico - come una caduta, un intervento chirurgico, una tendinopatia calcifica, microtraumi ripetuti e tanti possibili eventi scatenanti - l'infiammazione e il sanguinamento che si verificano nella spalla possono formare cicatrici che vanno a limitare il movimento del braccio.
Questa condizione viene definita "spalla rigida secondaria", ed è particolarmente dolorosa e limitante.
In un altro caso invece, il braccio inizia a perdere movimento senza un trauma evidente o una motivazione riconducibile a un evento scatenante. Il dolore aumenta in maniera progressiva e la mobilità si riduce gradualmente nel tempo.
Questa casistica viene definita "Capsulite adesiva idiopatica".
Le due condizioni hanno caratteristiche ben distinte:
La capsulite adesiva si sviluppa in 3 fasi d'evoluzione. Nella prima fase, il movimento è completo, ma tutti i movimenti estremi risultano dolorosi.
Nella seconda fase, la mobilità inizia a ridursi, e ogni tentativo di movimento provoca dolori violenti che spesso si irradiano sul braccio, a volte fino alla mano. La sintomatologia tipica di questa fase, infatti, è proprio l'intenso dolore irradiato fino alla mano, accompagnato da progressiva perdita di movimento. Il sonno è disturbato, poiché l'infiammazione costringe a cambiare spesso posizione per non mettere in tensione i tessuti.
Nella terza fase, con il passare dei mesi, il dolore si riduce, ma ci si accorge che il braccio risulta bloccato nei movimenti. Il dolore infatti si manifesta solo nel caso venga forzato il movimento.
La spalla rigida secondaria, invece, si sviluppa rapidamente, entro circa tre settimane dall’evento iniziale, che è il tempo medio di cicatrizzazione dei tessuti. Le caratteristiche cliniche sono identiche alla fase 3 della capsulite adesiva, con quindi un’articolazione rigida ma non dolente a riposo.
Il trattamento, sia nella capsulite sia nella spalla rigida secondaria, si basa sull'allungamento capsulare. Il fisioterapista esegue manipolazioni intense che allungano i tessuti irrigiditi e rompono le aderenze cicatriziali. In aggiunta, il paziente sarà incoraggiato a svolgere quotidianamente in autonomia degli esercizi di allungamento, fondamentali per ottimizzare il lavoro manuale del terapista.
La differenza principale tra le due forme la si ha nel momento in cui è opportuno avviare il trattamento. La spalla rigida secondaria deve essere trattata il prima possibile. È possibile prevenire la formazione delle aderenze mobilizzando immediatamente dall'evento scatenante, ma talvolta l'immobilità è necessaria per permettere la guarigione dei tessuti.
Ad esempio: dopo una frattura, se indicato prima di lavorare sul recupero del movimento, è opportuno indossare il tutore per far guarire l'osso. La rigidità sarà inevitabile, ma non appena la guarigione lo consentirà, si potranno eseguire immediatamente le mobilizzazioni. Diversamente, in presenza di una fase acuta di tendinopatia calcifica - che dura circa una settimana - mobilizzare immediatamente assicura che non si formino le aderenze, prevenendo la rigidità.
Nella capsulite idiopatica invece, è indispensabile attendere la terza fase prima di trattare. Intervenire con allungamenti intensi nelle fasi precedenti può infatti peggiorare il quadro clinico e tardare la guarigione.
È quindi fondamentale valutare attentamente il paziente per comprendere la causa della rigidità e scegliere il momento più appropriato per svolgere il trattamento.
Nonostante la patologia sia caratterizzata da un decorso lungo, c'è una buona notizia: si guarisce sempre!
Articolo di Kevin Serreli, redatto da Matteo Cabras (IG: @matteocabras.giornalista)




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